Nothing Like The Sun

Apr
27
1988
Rome, IT
Stadio Flaminio
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Fragile, anzi superbo...

Migliaia di persone ieri allo stadio Flaminio per il concerto di Sting - Quasi tre ore di rock e jazz di ottima qualità. Ha parlato e cantato anche in italiano, proponendo quasi tutto il materiale nuovo e pochi pezzi dei Police.

Commosse, divertite, entusiaste, estasiate: così, dopo quasi tre ore, si sono ritrovate le migliaia e migliaia di persone, forse trentamila, accorse allo stadio Flaminio per il concerto di Sting. Si sono confrontate con un musicista tra i più innovatori dell'ultimo decennio, il cui percorso, dal punk dei Police prima maniera alle ''tartarughe blu'', si è evoluto come quello di pochi latri fornendo una prestazione superba.

L'impressione della band che lo accompagna è la stessa riportata una settimana fa, a Milano; al fianco di autentici portenti come i tastieristi Kenny Kirkland e Delmar Brown, il sassofonista Branford Marsalis, il percussionista Minu Cinelu e la vocalist Dolette McDonald, ci sono un bassista, la volenterosa Tracy Wormworth, e Jean Paul Ceccarelli alla batteria cancellati, strangolati dal ricordo di Darryl Jones e Omar Hakim mentre il chitarrista Jeff Campbell alla lunga risulta molto bravo.

Avendo una ritmica decisamente inferiore, incapace di sostenere molti dei brani a partitura veloce che propone, Sting ha cercato di privilegiare ancor più le tastiere - a proposito Brown, complimenti per il falsetto - facendo lavorare doppio Cinelu e riservandosi la parte che gli compete, quella di cantante, in cui è imbattibile. Un calo rispetto al passato? Senza il pollicione e gli artigli di Jones e le agili mani ed estremità di Hakim è un'altra musica, dal fortissimo sapore jazz, ma dal punto di vista emozionale - è con artisti come lui, Peter Gabriel, gli U2 delle emozioni, della coscienza bisogna tener molto conto - assolutamente no.

Prima si indagava nell'inconscio, ora, con un brano come They dance alone - l'attacco fa venire la pelle d'oca, il testo le lacrime agli occhi - sulla tragedia latino-americana, si parla di come tutti dovremmo combattere tortura, dittature, ingiustizie, un mondo in dissoluzione morale e materiale. Prima contava di più la musica, ora conta anche e di più quello che proferisce, si invita lla presa di coscienza, il che non è male in un universo votato a edonismo e futilità.

La band è affiatata, i quattro pilastri sostengono la poderosa mischia musicale che va subito in meta sin da 'The Lazarus Heart', omaggio alla madre scomparsa, atto di dolore cristallino, atto d'amore purissimo. Così come 'Set Them Free' è grido antirazzista e 'Englishman in New York' è documentazione della discriminazione sessuale, 'Russians', con tanto di frase prokofieviana, è invito alla distensione, e 'Consider Me Gone' un omaggio a Shakespeare, oltre che l'immagine della fine di un amore, il tutto punteggiato da assoli della ''band dei quattro'' - Kirkland, Marsalis, Cinelu e Brown - mentre a Kirkland tocca anche il medley, scatenatissimo, composto da 'Bring On The Night' e 'When The World Is Running Down,You Make The Best Of What's Still Around'.

Campbell è in retroguardia ma quando viene il suo turno, l'hendrixiano 'Little Wing', si fa valere buttandoci dentro anche un bel fraseggio beatlesiano. La McDonald - presto uscirà il suo primo disco solista - appoggia Sting, dà colore e pastosità, balla avvinghiata al biondo, ancheggia, fa tutto il suo dovere, cosa che non si può dire per Ceccarelli e la Wormworth. Ma chi se ne accorge, chi li sta a sentire?

Si balla con 'We'll Be Together', ci si commuove con 'Fragile', si ondeggia conquistati, alle note di 'Straight To My Heart', 'King Of Pain', 'Nothing Like The Sun', titolo del suo ultimo 33 giri, 'Murder By Numbers', 'One World (Not Three)', 'The Secret Marriage', 'Sister Moon', con la luna lassù. Ogni parola è soppesata, al scrittura di Sting, ora più che in passato, è fatta per rimanere, funzionerebbe anche solo declamata, le metafore, in bocca a lui, sono verità.

Il pubblico ne è ammaliato, ha il carisma dell'artista di razza, dell'uomo integro. Anche 'Rock Steady' e 'Walking In Your Footsteps' vengono digerite golosamente, e gelosamente custodite. Ci scappa, nel bis, anche la romanza 'Caro Mio Bien', cavallo di battaglia del grande Enrico Caruso.

Ma la gente chiede, si augura, implora l'intervento della polizia. Vuole i brani dei Police. Ed ecco 'Don't Stand So Close To Me', irriconoscibile quasi nella versione remissata del 1986, e, con la sola chitarra acustica, 'Message In A Bottle', favolosa.

Ricanta, con il groppo alla gola, con lui, mentre si accendono innumerevoli fiammelle e migliaia di cuori battono. All'unisono. I messaggi, dentro e fuori le bottiglie, Sting li ha spediti. Sta a noi tenerli in vita, accudirli, renderli realtà, prassi quotidiana. Per non ritrovarci un giorno, chissà, a dover ballare da soli.

(c) Il Messaggero by Paolo Zaccagnini (thanks to Valeria Vanella)

Sting, come nessuno - Con il trionfale concerto, comincia la stagione romana del rock In trentamila hanno applaudito l'Englishman vestito di bianco...

Quanto tempo era che non sentivamo un boato così grande in uno stadio. Forse dall'ultimo concerto della passata stagione rock qui al Flaminio... Sting fa il suo ingresso, solenne malgrado la sua timidezza. Mentre Minu Cinelu sta battendo forte sulle percussioni; è l'attacco di 'Lazarus Heart'. Sting è vestito di bianco, biondo luminosissimo tra i tanti neri del suo gruppo: c'è Dolette McDonald, la splendida corista capace di ''coprire'' mille e più voci soltanto con la sua, c'è il giovane Branford Marsalis che con il suo vestito di gabardin beige è il più elegante di tutti, e ogni tanto dimentica di essere una delle nuove speranze del jazz giovane e inizia a gigioneggiare, a saltare qua e là come un monello; c'è la bassista Tracy Wormworth, il tastierista Kenny Kirkland, Delmar Browm al synth, e più in alto Minu Cinelu e il batterista Jean Paul Ceccarelli, francese, biondo, occhi azzurri, unico altro bianco. Fuori un gruppo di fan che non è riuscito ad entrare improvvisa una sassaiola, senza feriti, per fortuna. Intanto la pioggia si fa battente.

Arriva 'We'll Be Together', con gli indimenticabili ''together'' del coro di Dolette che si infrangono contro la curva nord dello stadio; 'Englishman in New York' e Sting che raccoglie una scarpa e dice ''scarpa da paninaro'' la odora fa un afaccia schifata e ''sono un Englishman a Roma'': finisce su uno straziante assolo di sax interrotto per un attimo da uno struggente coro del pubblico e Marsalis che si ricollega a 'Sister Moon'. Poi 'Rock Steady' mentre le luci inondano sapientemente la platea; 'Bring On The Night' sarà forse una canzone sulla morte (Sting lo ha scoperto quando ha deciso di dedicarla a Gil Evans, il giorno dopo la sua scomparsa) ma il pubblico deve cantarla e la canta, illuminato dai fari bianchi, le migliaia di braccia alzate, più di trentamila persone protese, agitate verso gli occhi chiari di Sting, verso quello sguardo dolcissimo o perfido che saetta fuori dai due grandi schermi ai lati del palco. Lui balla da solo, propone buffe coreografie insieme a Dolette, a Marsalis, a Cinelu. 'Still My Beating Heart', 'Consider Me Gone', 'Russians', 'Little Wing' fino ad un omaggio regalato finora solo al pubblico romano: 'Every Breath You Take', tratta da Sincronicità, l'ultimo album inciso con i Police. Il sound-check era stato, nel pomeriggio, quasi interamente dedicato alle prove di questa splendida canzone d'amore. Già tanta gente, verso le 5, era stipata fuori, ed ascoltava. Finalmente verso le 6 la prima corsa sul prato di questa stagione rock, la prima verso il palcoscenico, verso quell'altare che aspettava il bianco sacerdote, un altare sul quale ogni volta si celebra un rito sempre uguale eppure sempre diverso. Ancora tre ore prima che il concerto inizi, le occupazioni dell'attesa sono quelle di sempre, il frisbee, il pallone, si montano gli strisciona accanto a quelli della coca cola sponsor ufficiale del tour italiano di Sring. Il primo ad essere dispiegato dice: ''Nada como Sting'', niente è come Sting.

E niente è come il piacere di vedere che il pubblico del rock è ancora qui, fedele all'appunatmento con la musica, con il sole che mentre Sting inizia a cantare è sceso da poco verso il riposo. Speriamo che, facendo iniziare i concerti dopo il tramonto e facendoli terminare prima della mezzanotte la signora dei Parioli non si lamenti più come l'anno scorso per il troppo rumore. Come fa la signora che si affaccia a quel signorile balcone a non emozionarsi per Sting che canta They dance alone e sui due schermi ai lati del palco appaiono le immagini delle madri dei desaparecidos, delle donne coraggiose di Palza de Mayo che lui ha davvero invitato vicino a sé durante uno dei suoi concerti sudamericani? Come fa signora il suo cuore a non stringersi alla vista di tante fiammelle che fanno un unico fuoco in uno stadio pieno? fiammelle che si spengono e si accendono fino alla fine, fino a quando il rito termina e Sting saluta in italiano il pubblico di Roma. L'ultima volta aveva promesso si imparare la nostra lingua per capire e farsi capire. Ha mantenuto.

(c) La Repubblica by Laura Putti (thanks to Valeria Vanella)
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